Circondata da una serie di colline disposte a semicerchio, la Valle di Vitalba è dominata dal VULTURE, il complesso di origine vulcanica che si innalza dai 700 metri sul mare fino ai 1263 del Pizzuto S. Michele ed ai 1330 del Pizzuto di Melfi. Nel mezzo della valle, un tempo più grande e più profonda, 800.000 anni fa scoppiarono le prime esplosioni che segnarono l’inizio della formazione del VULTURE (dal latino “vultur”, rapace). Il materiale eruttato da diverse bocche, ricadendo e depositandosi intorno ai crateri si adattò alle ineguaglianze del terreno e, col tempo, formò un cono quasi regolare nella parte centrale. Il cono centrale fu poi aperto da un’ampia caldera ed i suoi fianchi furono squarciati da una violenta esplosione il cui cratere a due bocche indipendenti, separate da uno stretto lembo di terra, è attualmente occupato dai LAGHI DI MONTICCHIO. Mentre il VULTURE si formava, fu bloccato il deflusso delle acque diluviali che scendevano dall’Appennino. Le acque si raccolsero così a monte ed a valle del vulcano, nei LAGHI DI VITALBA e VENOSA. Il LAGO DI VITALBA, che raggiunse una lunghezza di circa 10 chilometri ed una larghezza di 3-4 chilometri, col tempo si svuotò e le sue acque defluirono nell’Ofanto. Anche il LAGO DI VENOSA, più grande del precedente, si svuotò quando la base cedette a causa del peso della massa vulcanica. Numerosi ritrovamenti di conchiglie lacustri e resti di animali (elefanti, cervi, ecc.), di pietre bifacciali del periodo acheuleano indicano che sulle sponde dei due laghi vissero comunità di cacciatori preistorici.
Il VULTURE per la favorevole posizione geografica, per la ricchezza di acque superficiali e di falda, per la fertilità dei suoli vulcanici, è ricoperto da una rigogliosa vegetazione. Il poeta venosino ORAZIO ricorda, nell’ode a Calliope, di quando fanciullo vagava nei “sacri” boschi del “Vulture in Apulo”. Purtroppo i dissennati disboscamenti iniziati dalla metà del Settecento hanno ridotto le foreste agli attuali 2.300 ettari. Giudicato tra i più belli d’Italia, il bosco di Monticchio è distribuito nella parte più alta del complesso di origine vulcanica ed occupa le zone più in pendio.Le formazioni vegetali più rappresentative sono costituite dal castegneto (dislocato tra i 500 ed i 950 metri), dalla cerreta (che occupa la parte più alta), dalla faggeta (che circonda il LAGO PICCOLO), dall’abetina. V’è poi una presenza sporadica di frassino, roverella, acero, carpino bianco, nocciolo, noce ed altre essenze minori. Intorno al LAGO GRANDE v’è una vegetazione lacustre e palustre di un certo rilievo. La fauna del VULTURE è quella tipica degli ambienti umidi e lacustri.
Nei LAGHI DI MONTICCHIO, alimentati da sorgenti sublacuali, vivono numerose varietà di pesci (trota, carpa, tinca, alborella, persico reale), anfibi e uccelli (folaga, gallinella d’acqua, svasso maggiore, cannaiola). Nel bosco sono presenti diverse varietà di uccelli (poiana, nibbio reale, nibbio bruno, allocco, civetta, gheppio, picchio verde) e di mammiferi (riccio, talpa, ghiro, lepre, moscardino).
A MONTICCHIO vi sono due importanti emergenze monumentali-religiose.
I ruderi dell’ABBAZIA BENEDETTINA DI S. IPPOLITO, il cui impianto risale ai secc. XI-XII, sono situati sull’istmo che separa i due laghi. Scavi effettuati dietro l’abside della chiesa hanno messo in luce un complesso architettonico costituito da un ambiente suddiviso da pilastri, con due absidiole laterali e al centro un’abside triconca, simili ad altri complessi ecclesiastici della zona (Trinità di Venosa). La struttura è di epoca precedente a quella dei ruderi della chiesa (secc. IX-X).
In posizione dominante sul LAGO PICCOLO è situata l’ABBAZIA DI S. MICHELE. Sorta intorno a grotte abitate da eremiti basililiani, l’ABBAZIA passò ai Benedettini e venne consacrata nel 1059. Abbandonata qualche anno dopo per la fondazione del MONASTERO DI S. IPPOLITO, venne rioccupata dai monaci quando questi costretti dalla malaria ad allontanarsi da quel monastero.L’ABBAZIA nel 1600 ospitò i Cappuccini.L’edificio è a vari piani; solo in quelli inferiori restano tracce dell’ABBAZIA medievale, distrutta da un terremoto nel XIV sec. e perciò ricostruita più volte. Nella forma attuale essa risale al Settecento. Dell’originaria cappella normanna di S. Michele resta una piccola nicchia quadrata, con frontone triangolare decorato da un mosaico di pietre chiare e scure con figure geometriche. In fondo alla nicchia vi sono affreschi bizantini risalenti al 1059 circa.
In prossimità della confluenza della FIUMARA DI ATELLA nell’OFANTO è ubicata la RISERVA NATURALE ORIENTATA DI GROTTICELLE. Costituita nel 1971, la RISERVA si estende per 209 ettari ed è caratterizzata da condizioni climatiche caldo-umide. Nella RISERVA vegetano alcune specie igrofile come l’acero, il tiglio ed il frassino, oltre a specie tipiche della “macchia mediterranea”. Fino ad alcuni anni addietro veniva segnalata la presenza della lontra.La caratteristica della RISERVA DI GROTTICELLE è la presenza del FRAXINUS OXYCARPA, una pianta del Miocene di origine balcano-asiatica. A questa pianta è legata l’esistenza della BRAMEA (Acanthobrahmaea europea), una rara farfalla notturna, scoperta nel 1963 dal conte Federico Hartig nel corso di una spedizione scientifica sul VULTURE.